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  • Immagine del redattoreFrancesco Potito

Educazione finanziaria in Italia: a che punto siamo?



Era febbraio 2017 quando, con l’approvazione di un emendamento al decreto Salva-Risparmio, veniva approvata la legge sull’educazione finanziaria, intesa come il processo con cui le persone migliorano la loro comprensione degli strumenti e dei prodotti finanziari e sviluppano le competenze necessarie ad acquisire una maggiore consapevolezza dei rischi e delle opportunità.

La norma rappresenta un’importante novità perché riconosce, al massimo livello legislativo, l’importanza dell’alfabetizzazione finanziaria come strumento per la tutela del consumatore e per un utilizzo più consapevole degli strumenti e dei servizi offerti dal mercato, in un contesto, quale quello italiano, che per quanto riguarda la cultura finanziaria dei cittadini mostra un forte divario rispetto alla media dei Paesi dell’area OCSE2.

Nello scenario odierno, caratterizzato dall’aumento dell’aspettativa di vita, dal progressivo ridimensionamento del welfare state in termini di spesa previdenziale e sanitaria e dalla complessità dei mercati finanziari, l’analfabetismo finanziario rappresenta un rischio non più sostenibile: sono già una settantina, secondo i dati OCSE, i paesi che hanno realizzato o stanno realizzando una strategia nazionale per l’educazione finanziaria.

La storia recente dimostra, infatti, che gli errori dei singoli possono creare situazioni che pesano sulla collettività: un esempio concreto è la crisi dei mutui subprime del 2008, innescata anche da una buona dose di analfabetismo finanziario dei risparmiatori/investitori3.

Legge sull’educazione finanziaria: cosa è accaduto dopo l’entrata in vigore

Il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria

Ad agosto 2017 la legge è diventata operativa con la costituzione del Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria. Composto da 11 membri, il Comitato ha il compito di promuovere iniziative di sensibilizzazione ed educazione finanziaria per migliorare in modo misurabile le competenze dei cittadini italiani in materia di risparmio, investimenti, previdenza, assicurazione.

La presidenza è stata affidata ad Annamaria Lusardi, docente alla George Washington University, esperta di educazione finanziaria. Tra i suoi lavori figura una ricerca, pubblicata nel 2017 sul Journal of Political Economy4, dove dimostra che il 30-40% della disuguaglianza in termini di ricchezza accumulata durante la vita può essere spiegata dalle differenze nella conoscenza finanziaria, perché l’analfabetismo finanziario può determinare l’uso improprio di strumenti finanziari complessi, con un impatto negativo sulle proprie risorse.

La strategia

Secondo Lusardi, è fondamentale introdurre l’educazione finanziaria sin dalle scuole. In effetti, la strategia nazionale delineata dal Comitato prevede iniziative dedicate agli studenti, realizzate in collaborazione con il MIUR. L’obiettivo nel lungo periodo è quello di introdurre le attività di educazione finanziaria nell’offerta formativa extracurricolare di ogni scuola nonché, per alcuni indirizzi di studio, tra gli insegnamenti curricolari.

La strategia non prevede solo progetti destinati agli studenti, ma anche azioni rivolte a tutti i cittadini, ai gruppi più vulnerabili (donne, migranti e anziani) e ai piccoli imprenditori.

In questo quadro si inserisce il lancio del portale www.quellocheconta.gov.it, strumento di divulgazione della cultura finanziaria rivolto alla generalità della cittadinanza. Attraverso un’organizzazione basata sui “momenti della vita” (il primo lavoro, l’arrivo dei figli, la pensione…), il portale offre indicazioni utili ad orientarsi tra le opzioni disponibili in ogni situazione. Ad esempio, vi si trovano consigli rivolti a chi deve gestire i redditi del primo lavoro, a chi vuole costruire un futuro sicuro per i figli, ma anche a chi vuole acquistare una casa o pianificare la propria pensione.

A ottobre 2018 arriverà un’altra iniziativa per cui si prevede un’importante eco a livello mediatico, ovvero il primo Mese dell’educazione finanziaria, che comprenderà attività ed eventi di informazione e sensibilizzazione sui comportamenti corretti nella gestione e programmazione delle risorse personali e familiari.

La grande sfida del Comitato sarà il coordinamento di tutti coloro che, operativamente, promuovono attività di educazione finanziaria. Nel 2017, infatti, la Banca d’Italia ha censito ben 206 iniziative organizzate da 256 enti. Il quadro che emerso, però, è di un sistema disorganizzato e disomogeneo, limitato alla diffusione di materiale informativo, con programmi rivolti ad una platea generalista, senza focus sulle fasce più vulnerabili, e con proposte rivolte alle scuole in modo frammentario e non continuativo, realizzate in base alla disponibilità di docenti e dirigenti scolastici. Grazie al Comitato e alla strategia da esso delineata, ci si aspetta per gli anni a venire un salto di qualità, con un piano ben definito di iniziative rivolte a diversi pubblici.

Gli italiani sono più alfabetizzati?

L’istituzione del Comitato, la redazione della Strategia nazionale, l’avvio delle prime azioni come il portale e il Mese dell’educazione finanziaria sono segnali che la legge è entrata nel vivo. Ciò non vuol dire, però, che i cittadini siano più alfabetizzati.

Gli italiani hanno alle spalle una lunga tradizione di investimenti nel settore immobiliare e nei titoli di stato – meccanismi relativamente semplici da comprendere – e sono tendenzialmente abituati ad affidarsi allo stato per la pensione e per la gestione di eventuali imprevisti. È quindi probabile che il processo necessario a colmare il gap che separa l’Italia dalla media dei Paesi OCSE richieda diversi anni.

L’ultima Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie delle famiglie italianecondotta dal Centro studi Einaudi5 ci dice che nel nostro Paese si commettono ancora molti errori quando si tratta di temi finanziari. Per fare qualche esempio, un intervistato su tre pensa che mantenere 100 euro su un conto corrente (a zero spese e senza prelievo fiscale) per cinque anni al tasso del 2% annuo lo arricchirà di due euro al termine del quinquennio; meno della metà sa che, con un tasso di inflazione superiore al tasso di interesse che gli viene pagato dal conto corrente, il suo potere di acquisto diminuisce; infine, solo il 50,5% si rende conto che investire in un’unica azione è più rischioso che investire in un fondo azionario.

Le attività nelle scuole possono rappresentare la strada vincente: gli studenti di oggi sono i decisori economici di domani, e sono anche quelli più vicini ai coetanei dell’area OCSE. L’indagine PISA (Programme for International Student Assessment) 20156 sull’alfabetizzazione finanziaria dei quindicenni segnala infatti un avvicinamento alla media OCSE: il punteggio medio ottenuto dai quindicenni italiani nel 2015 è pari a 483, a fronte di una media di 488, mentre nel 2012 i valori erano rispettivamente 466 e 500.

Servirà, dunque, al più presto l’accordo col Miur, ma, ancor più, sarà importante capire nei prossimi mesi l’orientamento del nuovo governo verso l’educazione finanziaria. Sarà sempre ritenuta un capitolo strategico? Una risposta potrebbe arrivare dalla prossima legge di stabilità: se ci saranno ancora risorse, oltre al milione di euro già stanziato per il primo anno, si potrà proseguire sulla strada intrapresa. Altrimenti, si segnerà una nuova battuta d’arresto sulla strada dell’educazione finanziaria collettiva, con il rischio di incrementare il gap rispetto agli altri Paesi OCSE.




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